From: Vatican News
Dalla riunione della Roaco fratel Jack Curran, dell’istituto dei Fratelli delle scuole cristiane e vicepresidente della Bethlehem University, chiede preghiere e assistenza per i suoi studenti provati dalle ricadute del conflitto mediorientale: arrivare da Gerusalemme, dove vive il 40% degli studenti, un percorso di soli 8 km, è stato praticamente “impossibile per cinque mesi”, sui ragazzi forti “pressioni psicologiche”
Joseph Tulloch e padre Adrian Danca – Città del Vaticano
Nel 1964, quando compì il suo storico pellegrinaggio in Terra Santa, Papa Paolo VI espresse il desiderio di fare qualcosa per aiutare il popolo palestinese. Ci sono voluti quasi dieci anni perché quel progetto prendesse forma, ma nel 1973 a Betlemme ha aperto i battenti la prima università cattolica in Terra Santa. Oggi l’ateneo accoglie circa tremila studenti e considera la sua missione come un contributo “alla costruzione di una Palestina libera, pacifica e vibrante”. Il vicepresidente fratel Jack Curran è a Roma in questi giorni per una riunione della Roaco, che raggruppa le agenzie di aiuto che forniscono sostegno alle Chiese cattoliche orientali. Ai media vaticani racconta le conseguenze della guerra tra Israele e Hamas che stanno subendo gli studenti dell’ateneo e il modo in cui stanno cercando di proseguire gli studi.
Difficoltà “straordinarie”
La situazione per gli studenti dell’Università di Betlemme che, afferma, è stata “davvero molto difficile per tanti anni”, adesso ha intensificato i problemi “in modo straordinario” dopo lo scoppio delle ostilità il 7 ottobre scorso. In particolare fratel Curran sottolinea l’impossibilità di entrare e uscire dalla Cisgiordania o di spostarsi da una città all’altra al suo interno. Arrivare a Betlemme da Gerusalemme, dove vive il 40% degli studenti – un percorso di soli 8 km – è stato praticamente “impossibile per cinque mesi”.
Nuovi metodi di insegnamento
Questo stato di cose ha costretto i docenti e il personale della Bethlehem University a “trovare nuovi modi per coinvolgere gli studenti”, ovvero – evidenzia fratel Curran – “concentrarsi sull’essenziale della nostra missione” e offrire “un’educazione umana e cristiana agli studenti, formando il loro carattere e aiutandoli a diventare cittadini migliori”. Secondo il vicepresidente dell’ateneo, l’obiettivo è quello di “alimentare negli studenti la mentalità secondo cui il futuro è un futuro fatto di speranza”. A volte, ovviamente, questo è piuttosto difficile: “L’intensità della pressione psicologica sui nostri studenti e sulla nostra facoltà – afferma – è una grande preoccupazione, per questo motivo stiamo cercando di fare il possibile per mantenere la normalità nel miglior modo possibile e occuparci delle preoccupazioni dei nostri studenti sia sul piano accademico che sul piano psicologico”.
Preghiera e solidarietà
Alla domanda su come i singoli possano sostenere il lavoro dell’Università di Betlemme, fratel Curran risponde che c’è un “urgente bisogno” sia di preghiera che di solidarietà concreta: “Le donazioni finanziarie sono molto apprezzate perché aiutano a migliorare la consulenza e l’assistenza psicologica per gli studenti, oltre ad aumentare il sostegno accademico. Questa missione che abbiamo come unica Università Cattolica in Terra Santa è incredibilmente importante. È un luogo ideale per la Chiesa”.